Resezione Endoscopica di Neoplasia Vescicale (TURB)

La resezione transuretrale della vescica (TURV) è un intervento endoscopico (non implica cioè l’incisione della cute), il cui scopo è l’asportazione di lesioni (neoformazioni o zone sospette) della parete vescicale.

Le neoformazioni superficiali che non infiltrano la parete della vescica possono essere asportate in maniera radicale, mentre per neoplasie vescicali infiltranti la procedura ha significato solo bioptico (cioè è utile al fine di realizzare la biopsia = prelievo di tessuto da sottoporre a esame istologico) e/o per studiare la malattia. Se le neoformazioni risultano particolarmente numerose e/o estese o se infiltrano le pareti della vescica può essere impossibile eseguirne l’asportazione completa.

Non esistono al momento attuale metodiche alternative, né per la diagnosi, né per la terapia, in grado di assicurare risultati superiori o uguali a quelle offerte dalla resezione endoscopica.

La TURB è indicata nei seguenti casi:

  • lesioni vescicali sopette visibili ecograficamente
  • citologia sospetta in assenza di lesioni visibili
  • ri-stadiazione dopo un primo intervento

L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o spinale.

Il paziente è in posizione supina, con le gambe rialzate e sostenute da gambali. Lo strumento operativo (resettore) viene introdotto attraverso l’uretra e raggiunge la cavità vescicale che viene riempita e lavata di continuo con soluzione fisiologica o glicina. Le lesioni vengono rimosse con l’uso di anse da resezione, che portano la corrente di un elettrobisturi; le anse diatermiche, scorrendo dentro la lesione, la asportano “a fettine” dalla sommità fino alla base (resezione). Completata l’asportazione delle lesioni vescicali, si procede alla coagulazione di eventuali zone di sanguinamento nella sede di resezione. L’intervento si conclude spesso con il posizionamento di un catetere vescicale a 3 vie per il lavaggio continuo della vescica; la fuoriuscita di liquido di lavaggio chiaro è indice di buona emostasi (il termine medico per indicare la coagulazione).

La procedura dura circa 15-60 minuti, a seconda delle lesioni riscontrate, del loro numero e delle loro dimensioni.

Il Paziente deve segnalare eventuali patologie a carico delle valvole cardiache, eventuali disturbi della coagulazione noti o alterazione dei tempi di sanguinamento riscontrati in corso di precedenti manovre (per es. estrazioni dentarie).

  • I Pazienti che assumono antiaggreganti piastrinici (Cardioaspirina, Aspirinetta, Ascriptin e analoghi) devono sospendere il trattamento 7 giorni prima della biopsia, sostituendolo eventualmente con Eparina a basso peso molecolare (sotto il controllo del Medico Curante).
  • I Pazienti che assumono Sintrom o Coumadin devono sospendere il trattamento 10 giorni prima sostituendolo con Eparina a basso peso molecolare (sotto il controllo del Medico Curante). Il giorno della biopsia è necessario portare in visione il referto relativo a ecg e esami ematochimici comprensivi di assetto coagulativo.

Il giorno dell’intervento dovrà portare in visione:

  • un esame delle urine con urinocoltura
  • eventuali ecografie o risonanze già eseguite
  • eventuali precedenti esami endoscopici e/o referti istologici

Il paziente viene dimesso in genere dopo la rimozione del catetere, vale a dire da 1 a 4 giorni dall’operazione. Dopo la dimissione è preferibile evitare sforzi e viaggi in macchina, moto, bicicletta per due settimane. Nei primi giorni dopo la rimozione del catetere sono frequenti l’aumento del numero delle minzioni e il bruciore urinario. Se questi sintomi tendessero a peggiorare è consigliabile eseguire l’esame delle urine e l’urinocoltura.

Dopo circa 3 settimane la contatteremo per comunicarle la risposta dell’esame istologico.

Questo ci dirà il grado della malattia (alto o basso) e la stadiazione locale (superficiale o infiltrante). In relazione a questi dati il medico la consiglierà sull’esigenza o meno di fare terapie e su che tipo di terapie sono più appropriate nel suo caso.

Durante l’intervento si possono verificare le seguenti complicanze:

  • lesioni dell’uretra, che generalmente si risolvono spontaneamente;
  • emorragia, che a volte, anche se raramente, può rendere necessaria una trasfusione di sangue;
  • perforazione vescicale, che può essere extraperitoneale o intraperitoneale: nel primo caso, soprattutto se è piccola, si risolve mantenendo il catetere per qualche giorno, raramente può richiedere un piccolo intervento per il posizionamento di un drenaggio paravescicale; nel secondo caso, invece, se la lesione è molto piccola può risolversi spontaneamente mantenendo il catetere vescicale per qualche giorno, altrimenti può rendere necessario un intervento chirurgico per riparare le lesioni alla vescica e agli altri organi eventualmente coinvolti;
  • lesione degli osti ureterali, soprattutto se sono coinvolti dalla neoplasia; può essere opportuno posizionare un cateterino ureterale per favorirne la guarigione;
  • sindrome da riassorbimento: è una complicanza rara, possibile soprattutto quando

l’intervento dura più di un’ora; è dovuta al riassorbimento del liquido di perfusione.

Dopo l’intervento si possono verificare le seguenti complicanze:

  • ematuria, che può richiedere l’esecuzione di lavaggi vescicali per rimuovere i coaguli o l’uso del lavaggio continuo per impedirne la formazione;
  • ritenzione urinaria, dovuta all’ostruzione da parte di eventuali coaguli oppure favorita da preesistenti cause ostruttive, come l’ipertrofia della prostata, di solito si risolve spontaneamente;
  • idroureteronefrosi, cioè la dilatazione delle alte vie urinarie, dovuta all’evoluzione in senso stenotico di una lesione dell’ostio ureterale;
  • reflusso vescico-ureterale, come conseguenza della resezione del tratto intravescicale dell’uretere;
  • stenosi dell’uretra, da lesione della mucosa uretrale da parte dello strumento;
  • infezione urinaria, favorita dalle manovre strumentali.
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